"Può dirci cosa è un guru?", Eric Baret



Può dirci cosa è un guru?

Se vivete nell'ascolto, non  c'è un guru. Come potrebbe esserci un guru?

Ma lei ne ha uno, Le ha un guru.

No, un amico.

D'accordo, ma lei lo chiama "il mio maestro".

E' un'espressione poetica, giusto per la gioia di ammirare.

Bene, allora cos'è l'ammirazione?

Amare. Imparare ad amare. Imparare ad amarsi e ad amare gli altri, non c'è differenza. Per amare dovete essere aperti, essere aperti significa che non c'è riferimento. E non potete imparare: non potete che imitare. Quando incontrate qualcuno il cui amore è atemporale, non potete resistere. Non è la mente che vede. Viene dal cuore. Il vostro cuore è attivato, il resto viene da sé. Non si compie niente, non si ha bisogno di niente, non si comprende niente, non si domanda niente, non si realizza niente. Semplicemente, il vostro cuore è aperto. Non c'è nessuno che lo fa, perché non c'è scopo. 

Il cuore desidera essere aperto. Quando un cuore incontra un cuore aperto, quando un fiammifero si avvicina a un fiammifero acceso, esso gioisce nell'unità, nella fiamma; non c'è più fiammifero. Questa si chiama trasmissione, ma non c'è nulla che sia trasmesso. Nessuno trasmette, nessuno riceve; c'è trasmissione da cuore a cuore. Non c'è che un cuore. Tutto il resto è romanzo.

Ma nel modo in cui ne parla, sembra l'amore.

E' l'amore. Ma non l'amore per qualcuno. Non c'è posto per questo, non c'è oggetto.

E che ne é del maestro interiore?

La formulazione induce in errore. Quando si lascia che il corpo si svegli secondo l'approccio dello yoga kashmiro, si sente sperimentalmente che le nozioni di interiore ed esteriore sono dei concetti. Quando si vibra profondamente a questa esperienza, resta la parola "maestro". E' un'immagine che il suo valore pedagogico, ma l'essenza di questo concetto non può essere compresa, pensata, sentita.

Pare che alcune forme umane - estremamente rare - una manciata per secolo, abbiano il potere di occupare scientemente una libertà senza macchia. Può darsi che qualche decina per secolo sia molto più della realtà. Fino a un certo punto queste forme possono, per ragioni poetiche, pedagogiche o funzionali, stabilire delle relazioni da maestro ad allievo. Secondo un contesto molto definito, è il maestro che stabilisce la relazione. L'allievo non esiste: non ha alcun ruolo da giocare. Nessuno può dirsi allievo di un maestro; solo un maestro può eventualmente, avere delgi allievi. E' una situazione eminentemente eccezionale. 

Ai nostri giorni, numerose persona incapaci di guadagnarsi da vivere si sono identificate con queste apparizioni quasi divine e, prendendosi per maestri, cercano di trasmettere un "insegnamento" a degli "allievi". La fioritura di questi novelli "maestri", questi pretesi "insegnanti autentici", è sintomatica dell'epoca. Bisogna rispettare questo fenomeno come tutto il resto. Queste persone non sanno che simbolizzano i valori di moha e di duhkha, l'illusione e lo sbandamento, necessari alle epoche di degenerazione. Nessuno può essere un maestro.

Esistono alcune eccezioni che tutti conoscono, come Ramana Maharishi, Nisargadatta Maharaji, Anandamayi Ma, Gopinath e Krishna Menon.

La ricerca di un maestro è una fuga. Ciò di cui abbiamo bisogno è di scoprire le nostro pretese, paure, difese. Non c'è bisogno di andare a cercare un maestro. Quelle cose sono sempre in noi.

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Nel corso di un secolo, alcuni individui incontrano un vero maestro. Non possono parlare di ciò che è l'incontro, perché esso non si colloca su un piano mentale; questo non potrà dunque mai essere compreso da qualcuno che non ha vissuto la stessa semplicità. Non è qualcosa da ricercare. E' qualcosa che si presenta nella vita, o no. Se non si presenta, vuol dire che non era necessario. Niente manca.

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La caratteristica di chi ha incontrato un maestro e che l'ha ascoltato senza attesa è che sarà per sempre libero dall'idea di essere o no accanto a un maestro. Mai più potrebbe avere la tendenza, la voglia di ascoltare né un altro maestro né soprattutto degli insegnanti. E' il segno.

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Quando non pretendo più di avere un progetto o di trovare una soluzione alla mia vita, un'umiltà si installa, un "non so". Questo "non so" contiene non le risposte, ma il riassorbimento di tutte le domande. Resta un questionamento senza questioni e, soprattutto, senza riflessione. Non si può comprendere il pensiero e il ragionamento metafisici. Non resta che la bellezza. E' di questo che parliamo qui.

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Vivere nel divenire, è l'inferno. Diventare libero o volere una Mercedes, è la stessa cosa: sempre domani.

La vita è adesso. Tutto il resto non è che fantasia. Non è che fantasia. Non si può essere felici domani. La tranquillità è adesso. E' costantemente disponibile, salvo quando pretendiamo che dipenda da qualsiasi cosa.

Vivere con questo, questa risonanza è il maestro interiore.

L'unico desiderio, Eric Baret.

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