Tutti i sensi in uno solo, Jacques Lusseyran

 


Questo confronto tra il mondo visto con gli occhi e il mondo visto senza occhi, per avere un senso pieno, richiede di essere intrapreso a due voci. Che questo dialogo possa in giorno stabilirsi liberamente!

Intanto, già oggi, credo sia possibile un inventario preliminare: quello dei beni derivanti dalla cecità. 
In genere si dice che la perdita della vista comporta un immediato acuirsi degli altri sensi: si crea cioè una compensazione.

E' vero; è vero che i ciechi hanno un udito migliore dei vedenti: grazie al suono essi ottengono una percezione delle distanze e persino delle forme.
L'ombra proiettata sulla strada dal fogliame di un albero non è solamente un fatto visivo, è anche un'esperienza uditiva. Vi è una sonorità specifica della quercia, del pioppo, del noce. Si può entrare nella sonorità di un platano come si entra in una stanza, vi si scopre una particolare disposizione dello spazio, delle zone di tensione e delle zone sgombre. Lo stesso si può dire di un muro o di un intero paesaggio.

Ad ogni variazione luminosa corrisponde una variazione sonora. Quello che ascolto al davanzale della mia finestra, sotto un cielo grigio e pesante, è lento, tutti i suoni diventano deboli, si spostano per piccole masse discontinue, circolano sullo stesso piano dello spazio. Ciò che ascolto sotto il sole ha una intensità di vibrazione molto più grande, compaiono dei veri e propri oggetti sonori, i suoni vanno dove vogliono, si incontrano secondo le loro affinità e compongono le forme.

Un cieco ode meglio, ed è bene: egli ode quello che non vede. Un cieco sente meglio gli odori, gusta meglio, tocca meglio. A lui si deve dire tutto quello che i suoi sensi contengono di riserva, ma mi sembra che gli si debba soprattutto indicare la condizione per questo allargamento dei sensi.
La condizione non è quella di non vederci più, e neanche di dare una nuova struttura ai sensi rimasti vivi. La condizione è molto più semplice: si tratta di essere attenti.

Un uomo veramente attento conoscerebbe tutto. Non vi sarebbero per lui dei condizionamenti sensoriali per la conoscenza, non vi sarebbe più né luce né suono, né forma necessaria agli oggetti, ma ogni oggetto gli si presenterebbe con tutti i suoi possibili aspetti, vale a dire ogni oggetto entrerebbe tutto intero nel suo universo interiore. I sensi esisterebbero ancora, poiché il loro ruolo di mediatori naturali è inscritto nell'ordine della creazione, ma non lavorerebbero più ognuno per suo conto in quella separazione nella quale si crede, a torto, che essi debbano agire.

E' proprio da questa attenzione totale che i vedenti sono costantemente distolti. Anche i ciechi lo sono, ma meno. Per loro esiste una necessità pratica di mantenersi attenti. Ed è proprio questo il primo dei loro vantaggi.

L'udito, l'odorato, il tatto! In verità esito nel fare tali distinzioni, temo che siano arbitrarie. Un cieco sa veramente cosa percepisce quando passeggiando su di un marciapiede, indica a un tratto il muro della casa per riconoscervi una breccia, o quando si arresta a qualche centimetro di distanza da un ostacolo senza averlo mai sfiorato? Può dare un nome a quello che prova? Penso di no. Interrogato dirà che ha udito qualcosa, un'infima risonanza, uno spostamento d'aria, come lo spostamento lento di un oggetto in senso contrario al senso della sua marcia. Ma questa spiegazione non sarà che una concessione al linguaggio comune.

Egli no ha udito: ha toccato, e forse si tratta della medesima sensazione. Se ha designato la breccia nel muro, è che quel vuoto nella pietra o nel cemento si è già appropriato del suo corpo e con l'intera pelle egli ne ha già sperimentato la forma e la resistenza. E' già passato attraverso al breccia.
Io credo che tutti i sensi si riuniscano in un solo senso, sono le fasi successive di una unica percezione, e questa percezione è sempre quella di un contatto.
Ecco perché l'udito può rimpiazzare la vista, la vista il tatto...Ecco perché nessuna perdita è senza rimedio.

Arrivo a domandarmi se quella che noi chiamiamo "attenzione" non è forse la forma psicologica, nello stesso tempo affettiva e intellettuale, di questo contatto fondamentale, se l'attenzione non è una forma di tatto.

Lo sguardo diverso, Jacques Lusseyran

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