Puro ascolto, Jean Klein
Si richiede uno sforzo,
su questo sentiero? Personalmente trovo che ho sempre meno energia per fare uno
sforzo in una qualsiasi direzione.
Lei non può fare uno
sforzo senza una tensione. Ma perché fare uno sforzo? Soltanto perché lei mira
ad un risultato, a qualcosa che è fuori di lei. Ma quando sa veramente che
quello che cerca è la sua vera natura, allora si libera dall'impulso di
sforzarsi. Prima di tutto osservi dunque che lei sta costantemente facendo uno
sforzo. Quando lei sarà consapevole di questo processo, si troverà fuori di
esso. E potrà arrivare alla percezione originale di essere lei stesso davvero
silenzio.
Ma questo vedere non richiede nessuno sforzo?
No. Questo vedere è il
vostro stato naturale. Siate soltanto consapevoli del fatto che non vedete.
Diventate più consapevoli del fatto di essere continuamente in reazione. Vedere
non richiede sforzo, perché la vostra natura è vedere, essere silenzio. Quando
non cercate più un risultato, non cercate di criticare, di valutare o di
concludere, ma osservate soltanto, allora potete percepire questa reazione e
non esserne più complici.
Nel corso della posizione,
quando ha luogo il processo di svuotamento, viene questo pensiero: «Questo è
soltanto un pensiero». Ma il pensiero «questo è soltanto un pensiero», è
anch'esso un pensiero, non è così?
Sì, assolutamente.
Vedere non è in se stesso un pensiero, ma all'inizio conosciamo il vedere
soltanto come percezione di oggetti. Più tardi si arriva al puro vedere senza
un oggetto. Allora c'è la percezione interiore che si è questo puro vedere, e
che tutto ciò che è visto appare dentro di voi. In quel momento vedere non è
più toccato da ciò che è visto.
Focalizzare l'attenzione
su qualcosa genera tensione. Per quanto possano esserci dei momenti di
distacco, per la maggior parte del tempo siete coinvolti in ciò che state
vedendo. Ma attraverso il processo dell'osservare qualcosa, potete arrivare al
puro vedere, senza oggetto. Date al vedere una libertà totale, senza cercare di
controllarlo. E poiché ciò che è visto è energia proiettata sopra un'apparenza
in colui che vede, quando ciò che è visto è libero da una localizzazione esso
ritorna indietro verso colui che vede e si dissolve in lui, poiché il veduto è
discontinuo mentre colui che vede è continuo. L'ultimo percipiente è trovato
attraverso questa relazione tra colui che vede e il veduto.
Normalmente noi
conosciamo colui che vede soltanto attraverso il veduto. Nei momenti di puro
vedere diciamo che non vi è nulla, perché conosciamo noi stessi soltanto nella
relazione soggetto-oggetto. Ma quando siamo convinti che dietro il veduto vi è
colui che vede e che il veduto appare in lui, allora non mettiamo più l'accento
su ciò che è visto ma su colui che vede.
Questo non rappresenta
forse un traguardo per chi non lo ha mai sperimentato? Io non ho mai veduto
senza un oggetto o senza proiettare la mia stessa immagine su di un oggetto, ma
io credo che ci sia un modo di vedere in cui io non vedo soltanto le immagini
create dalla mente... E allora...
Trasferirsi dietro la
mente? Tuttavia lei conosce delle occasioni, nella sua vita, in cui vi è puro
vedere senza che vi sia nulla da vedere. Per esempio, lei ha un problema.
Quando lei lo penetra, viene un momento in cui esso è completamente risolto.
Allora vi è una completa soddisfazione, senza alcun desiderio di aggiungere o
di sottrarre qualcosa. Quando un desiderio è realizzato, lei arriva ad uno
stato di completo non-desiderio in cui non sono presenti ne il soggetto che
desidera ne l'oggetto desiderato. Lei può persino dire che vi è felicità,
perché lei è la felicità. Ma dopo aver vissuto tutto ciò,
osservi come l'ego si presenti a reclamare e ad oggettivare il momento,
volgendolo in una sorta di caricatura alla maniera di un pagliaccio di circo,
che solleciti le ovazioni del pubblico sebbene egli non sia stato affatto
l’attore principale.
Vuol dirci qualcosa
ancora del pensiero come difesa?
Naturalmente quando ho
detto ciò l'ho fatto a ragion veduta. Arriva il momento in cui lei può vedere
che prima del pensiero vi è una pulsazione, e la potenzialità del pensiero è
già presente in essa. La pulsazione forza il cervello e lei istintivamente
cerca il simbolo, la formulazione.
Questa pulsazione può
placare se stessa prima di diventare pensiero?
Sì, se lei è molto
attento può arrestare la pulsazione. Percepirla prima che diventi pensiero
riduce le vibrazioni del cervello e acquieta in tal modo l'agitazione mentale e
fisica.
Dovremmo saper vedere
che entrambi, il fare e il non fare, sono ancora un fare. Il processo
dell'avere e diventare cessa soltanto quando ci poniamo in ascolto, perché la
nostra vera natura è l'ascolto. Lo stato di veglia, quello di sogno e quello di
sonno sono sovrapposizioni al puro ascolto. Quest'ultimo non ha riferimenti ad
un ascoltatore o a qualcosa di udito. Tutti gli stati appaiono nell'ascolto.
Perciò più lei è presente all'ascolto più si manifesta un lasciare la presa
rispetto al fare e al non fare.
Normalmente quando
parliamo di ascolto intendiamo riferirci al fatto di essere attenti a qualcosa
di particolare. Ma quando parlo di questo, intendo un ascolto che si riferisce
soltanto a se stesso. È come qualcuno che le chieda: «Che cos'hai in bocca?»
Lei risponde: «Nulla», ma in realtà ha in bocca il gusto della bocca. Può non
esservi né sale né zucchero in essa, ma il gusto della sua bocca è presente. Il
puro ascolto ha il suo proprio gusto.
Qualche volta io ascolto
il suo discorso, ma successivamente non riesco a ricordare una cosa che lei ha
detto.
Quando lei ascolta senza
memorizzare o concludere, non può ricordare. Il discorso ritorna verso di lei,
ma non attraverso il processo usale della memoria. Se lei cerca di ritenerlo,
che cosa afferra? Soltanto le parole, la formulazione, e allora ascolta
attraverso il velo di ciò che è già conosciuto, attraverso il paragone con il
passato. Lei invece deve diventare innocente nel suo ascolto.
Quando lei ascolta senza
abbozzare conclusioni, ad un certo punto quello che stava dietro l'ascolto
salta su, forse già il giorno dopo o dopo un mese o sei mesi, ma questo saltar
su non è dovuto ad alcuno sforzo inteso ad afferrarlo. Nel processo della memorizzazione
il vero sapore si perde.
Ci sono cose che lei dice che mi scuotono in modo particolare e restano piantate nella mia mente. Per esempio qualche giorno fa lei ha detto: «Cessate di eliminare: rendetevi conto che state costruendo tutto il tempo». Quest'osservazione continua a tornarmi alla mente.
Eppure lei non ha fatto
alcuno sforzo per ricordarlo. è la frase a venire verso di lei.
In realtà possiamo
ricordare così poco in modo consapevole. Pensi a tutte le esperienze che ha
compiuto durante la sua vita e a come siano poche quelle che ancora ricorda.
Lei ha persino dimenticato la sensazione avuta stamane al risveglio, quello che
ha mangiato ieri, persino ciò che ha pensato alle tre di oggi pomeriggio.
Quando la vibrazione del
cervello diminuisce, è possibile ricordare cose che erano state dimenticate
dalla memoria ordinaria. Ad una frequenza molto bassa, l'individuo può anche
ritornare ad un'incarnazione precedente. Ma questi tipi di esperienza sono più
o meno delle distrazioni, modi di dare sostegno all'idea della persona. Perché
nonostante la riduzione della frequenza del cervello continuiamo ad
identificarci con l'ego. D'altra parte la tensione sorge ancora quando uno ha
realizzato il Sé. Ma colui che vive coscientemente nel Sé è fuori dal processo
del divenire, così il suo cervello e le funzioni del suo corpo sono molto
diverse da quelle proprie della persona che non ha realizzato il Sé.
Allora i suoi sensi
funzionano in modo diverso?
In genere tutti i nostri
sensi funzionano attraverso il meccanismo dell’afferrare. La mente proietta
qualcosa all'esterno da afferrare con i sensi. In realtà fuori non vi è altro
che la nostra consapevolezza.
All'inizio, quando
vediamo un uccello, vi è pura percezione Successivamente lo concettualizziamo.
Nel momento in cui vi e la concettualizzazione la percezione non è più
presente, giacché il concetto e il percetto non possono sussistere
simultaneamente.
Se lei lascia cadere il
concetto, che cosa resta? La sua identità con l'uccello. Ma questa identità non
è un'immagine mentale di unità. è un'esperienza globale.
E nel momento dell'unità
lei è una sola cosa con ogni cosa, non è così? O è uno soltanto con l'uccello e
non con tutto il resto?
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