Pensare col corpo, Jader Tolja e Francesca Speciani



Come è stato dimostrato da recenti studi, la fascia connettivale, dal cui stato dipendono gran parte delle caratteristiche del movimento, è bagnata, tramite la guaina dei nervi, dal liquido cerebrospinale, il che spiegherebbe perché l'organizzazione di questo tessuto è strettamente connessa alle condizioni del sistema nervoso. La fascia infatti avvolge e tiene organizzate insieme, ma distinte,  le varie strutture corporee e permette loro di scivolare l'una sull'altra donando una maggiore ampiezza, fluidità e grazia ali movimenti quanto più è irrigata e rendendoli invece più secchi e strutturati quanto è più asciutta. Per rappresentare figurativamente i due estremi, basta pensare alle differenze tra il movimento di una medusa e quella di un robot. In una situazione di stress, ciò che normalmente si verifica è una riduzione del funzionamento delle strutture più interne del sistema - quali viscere, organi interni, circolazione del liquido cerebrospinale, muscoli interni - a favore di uno spostamento dell'energia e dell'attenzione verso le strutture nervose più esterne del cervello quelle corticali (la corteccia cerebrale è infatti associata al pensiero razionale).
Per contro è evidente come quando una donna rimane incinta, esperienza che tendenzialmente riporta l'attenzione verso l'interno e - sul piano psicologico - in contatto col proprio inconscio, con l'istinto e la propria natura più profonda, immediatamente acquisti rapidamente fluidità e floridezza. O, senza bisogno di spingersi così in là, è facile notare come, se a un periodo di stress segue un  periodo di recupero e riposo, i liquidi perduti vengano riacquistati, riflettendosi in un viso più idratato e in movimenti più morbidi, anche a scapito di una certa lucidità mentale.
Osserviamo ora più dettagliatamente che cosa accade quando il cursore dell'organismo si sposta tra asciutto e bagnato. Consideriamo l caso di una persona che, attraversando un periodo di stress, si sottoponga a una pratica rilassante, ad esempio a un massaggio dei punti riflessi dei piedi o a una seduta di meditazione. Per tutto il tempo in cui ha "tirato la corda", sulla sua fascia connettivale si sono depositate le tossine prodotte dal metabolismo di muscoli e organi. La fascia infatti ha anche una funzione di "fermo posta" dove molti prodotti di scarto dell'organismo vengono depositati in attesa di essere prelevati dal sangue e smaltiti da
gli organi destinati alla disintossicazione (soprattutto reni e fegato e, secondariamente, pelle) non appena ne abbiano la possibilità. Quando l'organismo è affaticato e sotto stress, un po' perché lo stress interrompe il processo di eliminazione - dopo tutto le pulizie di casa si fanno quando non ci sono altre emergenze in corso - e un po' perché l'eccessivo logorio porta a un'iperproduzione di sostanze di scarto, la fascia connettivale (non meno degli organi destinati all'eliminazione) viene sovraccaricata di tossine.
Nel momento in cui lo stress cessa, gli organi ricominciano a funzionare e si liberano dei veleni accumulati, il sangue ripulisce la fascia (portando le tossine verso gli organi) e soprattutto ricomincia a irrorarla. Frequentemente questo processo di disintossicazione e reintegrazione viene percepito dal soggetto con l'emergere di un senso di stanchezza fisica e, a livello psicologico, con sensazioni di svogliatezza, difficoltà di concentrazione, passività che potrebbero essere considerate erroneamente come l'effetto del trattamento a cui ci si è sottoposti invece che come la reazione fisiologica dell'organismo alla situazione precedente. Quando il processo di ristabilimento è stato a lungo rimandato e diventa quindi urgente, talvolta si manifesta in modo acuto, veloce e intenso sotto forma di malattia. In questo caso l'equilibrio si ristabilisce generando una malattia che costringa l'organismo in uno stato coatto di recupero. Quando si smette di tirare la corda, l'inattività esterna, se assecondata, permette all'organismo di evadere i suoi arretrati metabolici e di rigenerarsi. Quando invece di fronte a un malessere si prende un'aspirina per potersi rituffare nella propria attività ignorando i segnali del corpo, non si fa che rimandare il momento dei lavori di casa. Tra le sue modalità di funzionamento, l'aspirina ha quella di prosciugare il corpo. Il suo principio attivo, infatti, è l'acido acetilsalicilico, isolato dalla corteccia del salice. Il salice è una pianta che prospera in ambienti umidi e ha appunto bisogno di un principio attivo capace di determinare una secchezza interna che gli permetta di non marcire. più o meno sullo stesso processo si basa l'espediente di lasciare sciogliere una compressa di aspirina nell'acqua del vaso dei fiori, per farli durare più a lungo. Nell'organismo umano, la riduzione del dolore che avviene grazie al processo di "essiccamento" dei tessuti operato dall'acido acetilsalicilico, se protratto, può tradursi in una sorta di mummificazione progressiva.
Viceversa dopo una seduta di lavoro corporeo o di psicoterapia, dopo una terapia che preveda la reintegrazione di vitamine e minerali persi, o in seguito ad altre esperienze di recupero, può emergere in un individuo uno stato di profonda prostrazione. Non è qualcosa di nuovo, ma solo la spossatezza che non ci si è concessi di vivere a suo tempo. Non voler mai pagare il prezzo della stanchezza risponde a un'ideologia ingenua in quanto, se non viene pagato quando occorre sotto forma di limitazione della propria attività, probabilmente verrà pagato in seguito, sotto altre forme, come ad esempio la progressiva intossicazione e degenerazione dell'organismo.
Un maratoneta sa bene che dal trentesimo chilometro in avanti, per produrre l'energia necessaria a completare la corsa, comincia a "digerire" i suoi stessi muscoli. Tuttavia sa anche che la soddisfazione, l'ambizione e la motivazione che ricaverà portando a termine questa prestazione lo compenseranno ampliamente del danno fisico a cuoi va incontro. Il problema non sussiste quindi se, di fronte ad aspettative e bisogni chiari, si decide una dilazione della rigenerazione o un'usura dell'organismo. Viceversa, in alcune culture, la capacità di affrancarsi il più possibile dai bisogni del corpo viene presentata come molto gratificante, in quanto considerata un segno di virilità, di forza e carattere, anche se rischia di costare molto. In certi momenti della vita, e in particolare durante la fase dello sviluppo dell'Io, riuscire a rilanciare di fronte all'emergere della propria stanchezza "reagendo", "dandosi una mossa" o facendosi una doccia fredda per darsi tono, può rappresentare un atteggiamento funzionale a sviluppare la capacità della mente di "controllare" ed eventualmente di posticipare i bisogni del corpo per costruirsi una personalità forte, una volontà e la capacità di resistere alle dure condizioni della vita.
Una volta acquisita la capacità di controllo, tuttavia, l'esercizio incontrollato" di questa facoltà rischia di diventare fine a se stesso, fino a essere un'inutile e dispendiosa forma di vessazione sul corpo, che in questo modo "invecchia" e si rovina senza nessuna utilità.

Pensare col corpo, Jader Tolja e Francesca Speciani 

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