La tua vera natura, Sri Nisargadatta Maharaj

 


Maharaj: Quindi hai un'idea chiara della tua vera natura?
Visitatore: A parole, sì.
M.: Se lo accetti anche solo a parole è già molto. Ma chi è che accetta ciò che viene comunicato? Ciò che accetta quello che viene detto in quelle parole, non è forse il principio separato dalle parole?
V.: Io sono ancora ina persona con una memoria. Spero di andare al di là di questo.
M.: Che cosa ti fa considerare una persona? L'identificazione con il corpo. Ma questa personalità individuale durerà? Rimarrà soltanto finché rimarrà l'identificazione con il corpo. Se invece c'è la ferma convinzione di non essere il corpo, l'individualità non c'è più. E' semplicissimo. Appena hai la convinzione di non essere il corpo, automaticamente, istantaneamente diventi la totalità della manifestazione. Appena abbandoni la tua individualità diventi la totalità manifesta. Ma il tuo vero essere è separato anche dalla totalità della manifestazione, tu assumi la tua identità finché sei identificato con il corpo. Quando non c'è più individualità, cosa consideri ancora come colui che medita e la meditazione? Quando l'individualità non c'è più, chi medita e su che cosa? Le persone parlano a vanvera di "meditazione", ma che cosa fanno in realtà? Usano la loro coscienza per concentrarsi su qualcosa. Il dhyāna è quando questa conoscenza, questa coscienza "io sono" medita su se stessa, e non su qualcos'altro.
V.: Su se stessa...
M.: In ogni caso, questa conoscenza non ha una forma. 
V.: Ma quando l'"io sono" si rivolge a se stesso diventa di nuovo caratterizzato dalla forma, perché questo è il modo in cui io sono adesso.
M.: Quando dici che devi sederti per meditare, la prima cosa da fare è comprendere che non è l'identificazione con il corpo che siede in meditazione e medita su se stessa. Una volta compreso a fondo questo fatto, tutto diventa facile. Quando questa coscienza, questa presenza cosciente, si assorbe in se stessa, ne deriva lo stato di samādhi. Quando manas, la buddhi, il citta, o comunque si voglia chiamarlo, si assorbe in quello stato, anche la conoscenza "io sto meditando" scompare, perché anch'essa è riassorbita in quello stato. Il senso concettuale dell'"io sono" scompare e si riassorbe nel puro senso dell'essere. Anche la presenza cosciente si fonde in quella conoscenza, nel puro senso dell'essere, e questo è il samādhi. Quella conoscenza si apre e inizia ad avere conoscenza di tutto ciò che è mobile e immobile. E quella conoscenza incomincia a conoscere se stessa. Poi, che cosa accade? Che rimane soltanto la presenza cosciente. C'è solo la presenza cosciente, non in quanto "io", "tu" o qualunque altra cosa. Lo ripeto: è presenza totale, ovvero la totalità della manifestazione, senza nessun "io" e nessun individuo. Questa coscienza, che si trova nel corpo e per questo ha erroneamente creduto di essere il corpo, comprende gradualmente la sua vera natura, ovvero di essere solo presenza cosciente senza nessun aspetto individuale intrinseco. Alla fine si considera come presenza cosciente della totalità della manifestazione e qualunque individualità scompare. Quindi ciò che inizia come egoità, nel senso di individualità, di identificazione con un individuo, alla fine diventa conoscenza del Sé, presenza cosciente. Hai qualcosa da dire al riguardo? Se hai delle domande, falle a partire dal fatto di non essere il corpo-mente, ma di essere la presenza cosciente.
V.: Mi sembra che Maharaj descriva due aspetti della meditazione. Prima viene la concentrazione, la coscienza cje si ripiega su se stessa, il senso dell' "io sono"; poi, da quello stato e solo allora, l'essere cosciente può osservare ciò con cui si è identificato e liberarsi da tutte le identificazioni. Il fatto è che alcune volte, in meditazione, mi è capitato che nel corpo si scatenano delle energie molto potenti che lo scuotono, mentre altre volte ci sono delle visioni o delle esperienze psichiche. In questi casi, se capisco quello che dice Maharaj, tutto ciò che accade, anche se questi eventi tendono a distrarre dal senso della pura presenza.
M.: Tutto vero più il fatto di comprendere che tu non sei neppure il testimoniare. Qualunque cosa accada mentre fai la tua meditazione mattutina, qualunque visione ti appaia, osserva semplicemente comprendendo che non sei tu che osservi, che non c'è un "tu", una individualità che osserva. Il testimoniare avviene da sé. Rimani in meditazione e avverrà la testimonianza di tutto ciò che vi sarà da testimoniare. Non farti coinvolgere nemmeno dal testimoniare. Adesso è giorno, vediamo la luce del giorno e non occorre fare l'affermazione: Ah, vedo la luce del giorno! Non siamo noi che testimoniamo, il testimoniare avviene automaticamente. 
V.: Tra le molte cose interessanti avvenute in America in questi ultimi anni c'è l'enorme interesse per i massaggi e cose come le tecniche per liberare in modo artificioso il flusso dell'energia vitale nel corpo. A me pare qualcosa di meramente meccanico, e prima o poi tutti i vecchi problemi torneranno di nuovo a galla. Se invece ci apriamo nel modo insegnato da Maharaj si sentono tutte le piccole contrazioni nel corpo sciogliersi in modo naturale. Credo che questo sia un aspetto importante, benché minore, della spiritualità che ci trasmette.
Interprete: In questo momento Maharaj non ha la forza di discutere di queste cose. Quando la gente parla di devozione si vota a Dio, ma in realtà è devozione alla forza vitale. Tutto ciò che fanno gli yogi è votare il loro tempo alla forza vitale.
V.: Maharaj si riferisce al gioco della forza vitale nel sistema dei cakra e intende dire che questi esercizi sono fatti solo per manipolare la spina dorsale per provocare vari effetti?
M.: La cosa importante è la forza vitale. Qualunque sia il nome che si da a tutte queste pratiche spirituali, in definitiva tutti questi sforzi sono rivolti esclusivamente alla forza vitale, perché senza di essa non c'è esistenza, non c'è coscienza. Quindi la forza vitale è importantissima. Dove c'è forza vitale c'è la coscienza-io, la conoscenza "io sono". 

La medicina Suprema, Sri Nisargadatta Maharaj 

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