La forza che si desta grazie all'Hara, K. Von Dürckeim

 

L'Hara* ha un duplice significato, il possederlo conferisce all'uomo una forza speciale che può usare nella sua vita nel mondo. Ma questa forza è, nel contempo, il segno che l'uomo ha preso contatto con le energie metafisiche della sua essenza, e proprio tale contatto è il senso più profondo dell'Hara. Solo grazie ad esso l'uomo è in grado di cogliere il significato precipuo della vita, di manifestare "l'essere" nell'"esistenza", di realizzarlo in modo cosciente. L'unione con l'essere e l'essenza sovra-mondana e la trasformazione del soggetto in un vero Io, espressione dell'essere, è il senso ultimo della via interiore.
Così la conquista dell'Hara, se è cosciente, significa l'apertura di tale via, e ogni consolidamento dell'Hara equivale ad un progresso su di essa. Dal punto di vista della via interiore, la forza trascendente conferita all'Hara è un effetto secondario della presa di contatto realizzata; essa deriva da quella liberazione dell'uomo dal cerchio magico dell'Io che si compie nell'Hara.
Quando l'essere affiora nell'interiorità umana, si verifica una trasformazione essenziale nel senso della vita, in una esperienza precisa e inconfondibile. Tutto viene visto sotto una luce diversa, tutto ha un suono e un "gusto" diversi. E' come se fosse sparita una cortina invisibile che separava l'uomo dalla realtà del mondo, dalla vita e perfino di lui stesso. Tutto ciò che si sperimenta e che si fa, acquista ora un diverso carattere ed ha altre valenze.
Per chi è stabilito nell'Hara le qualità sensoriali si rivelano, per così dire, secondo la loro dimensione in profondità. Le persone che per la prima volta hanno conosciuto in sé l'Hara riferiscono concordemente come camminando o andando in vettura si stupiscano nel constatare che l'intensità e la profondità dei colori percepiti in un dato paesaggio variano in funzione della nuova esperienza interiore.
La particolarità di una esperienza vissuta connessa con l'Hara si rende ben palese nella percezione di un nuovo stato interiore derivante dallo spostamento del centro di gravità dalla parte superiore dell'organismo verso quella mediana. La prima cosa che si avverte chiaramente è, per un lato, la liberazione dello spazio superiore, di quello dell'Io, quando si riesce a scendere nella parte mediana; dall'altro lato un senso di chiusura, di irrigidimento e di imprigionamento quando il centro di gravità si sposta nuovamente verso l'alto. Si prova un sentimento di liberazione non semplicemente fisica quando le spalle si rilasciano e la regione vicina al diaframma comincia ad animarsi perché allora è il centro basale a fare a poco a poco da forza portante scaricando e liberando tutto ciò che sta al di sopra. L'azione del potere trascendente che si avverte possedendo Hara si manifesta nel sorgere di un nuovo sentimento del vivere; e col crescere dell'Hara si ha il senso immancabile di una nuova forza, di una nuova vicinanza e di un nuovo calore.
La forza percepita è quella di una fermezza interiore non costruita ma presente in un modo naturale inesplicabile e meraviglioso. Basta affidarsi con fiducia ad essa, ed essa vi sosterrà. Con una sempre nuova gioia e meraviglia si vedrà come il senso d'impotenza che si può provare in qualche situazione critica dell'esistenza cede, senza una causa sensibile, al senso di una forza interiore non appena si ha il coraggio di liberarsi dalla presa dell'Io contratto, ansioso della propria sicurezza e che crede di poter sempre far fronte a tutto con la semplice volontà - lasciandosi invece andare e appoggiandosi fiduciosamente al proprio "centro". Questa fiducia che accompagna la nuova forza non può essere spiegata razionalmente. Il dono dell'Hara consiste appunto nell'aprire l'uomo alla forza sorreggitrice e protettrice della Grande Vita: realtà, che non si può capire razionalmente.
E' come se da sorgenti fin d'allora nascoste scaturissero energie vive le quali conferiscono all'uomo una fermezza e una chiarezza di sguardo, una invulnerabilità - ma anche la forza di colpire. Sostenendolo, questo potere permette all'uomo anche si assumere qualsiasi situazione così com'è, con una neutralità interiore, senza né accettarla né respingerla. E' una forza che dà modo di prendere con calma tutto ciò da cui l'Io comune si sarebbe affrettato a difendersi istintivamente, di accettare eventualmente senza chiedersi un perché e, se necessario, di sopportare, Si avverte un intimo potere che permette all'uomo di considerare senza timore i pericoli e di farvi fronte con animo distaccato. E' come se l'uomo che ha conseguito Hara potesse concepire l'idea della propria distruzione. Si potrebbe dire che egli è in contatto con una realtà, la quale da nulla può venire raggiunta e che anche quando la persona colpita e per così dire spezzata poi la farà certamente risorgere. Non stupisce dunque che grazie a questa forza che lo soccorre per quanto più egli si affidi ad essa, che però si ritira non appena non vi si rimette con fiducia, l'uomo acquisti una nuova sicurezza di fronte al mondo e anche di fronte a se stesso. Ma ancor più importante di questa misteriosa forza considerata in se stessa è l'esperienza che essa propizia. Non è una forza che si "abbia" bensì una forza nella quale "si é". In essa l'uomo percepisce la sua partecipazione ad un "essere" a cui, nel senso più profondo, appartiene e a cui è più legato che non al "mondo"; sente anche che essa non costituisce solamente il fondo vero della sua vita ma altresì il principio più profondo dell'universo. Ma questa conoscenza si rivelerà in tutto il suo significato e in tutta la sua importanza a poco a poco, con lo sviluppo della pratica. Quel che però si sente direttamente è l'ampliarsi della propria personalità, parallelo all'esperienza di una tale forza. L'Io che ora l'uomo sperimenta non è più l'Io antico bensì qualcosa di assai più vasto. Si ha la coscienza di una nuova ampiezza interiore, il senso di un accrescimento dello spazio interiore quasi come se in parte fossero venuti meno i limiti imposti dal corpo. Si manifesta un sentimento tutto speciale di non-limitatezza, un ampliamento liberatore; però si tratta di un senza-limite in cui non ci si perde o dissolve ma si può ritrovare veramente se stessi. Si apre un nuovo spazio per respirare, per agire e per operare, e ci si accorge ad un tratto che senza l'Hara lo spazio interiore è minimo, che si è prigionieri di un involucro isolatore. In sé e fuori di sé l'uomo senza Hara ha uno spazio ridotto.
Così colui che consegue l'Hara si trova in un nuovo rapporto col mondo esteriore, caratterizzato dal fatto di essere indipendente da esso. Può aderire ad esso con spontaneità e senza timore appunto perché ha trovato in sé una nuova ampiezza. Può accettarlo e farsi prendere da esso perché, da una parte, nella sua essenza si sente già unito ad esso e perché, d'altra parte, sa anche di potersi staccare da tutto ciò che è "mondo" per il fatto che, a differenza di quello antico, il suo nuovo Io non ne dipende più.
L'uomo senza Hara dipende dal mondo essendo privo di un vero legame con esso; l'uomo con Hara è durevolmente connesso con esso proprio perché ne è indipendente.

"Hara,il centro vitale dell'uomo secondo lo Zen" di K. Von Dürckeim 

*Il termine giapponese Hara significa "pancia", in particolare la parola Hara trova una sua sede anatomica proprio nell'addome, in un’area interna e profonda collocata a circa quattro dita sotto l’ombelico, è inteso anche come il nostro baricentro.

 

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